L'art. 32 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 subordina la sanatoria delle opere edilizie eseguite su aree vincolate al parere delle amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli stessi. Per le aree soggette a vincolo paesaggistico deve applicarsi la disciplina dettata dalla legge 8 agosto 1985 n. 431, che ha confermato la delega alle regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali per la protezione delle bellezze naturali "per quanto attiene alla loro individuazione, alla loro tutela e alle relative sanzioni", ferme restando le misure (di sostituzione in caso di inerzia e di annullamento in caso di autorizzazione illegittima) la cui adozione è riservata al Ministero per i beni e le attività culturali.
Dunque, il parere previsto dall'art. 32 della legge n. 47 del 1985, ai fini del rilascio della concessione edilizia in sanatoria, ha natura e funzioni identiche all'autorizzazione paesaggistica ex art. 7 della legge n. 1497 del 1939, in quanto entrambi gli atti costituiscono il presupposto che legittima la trasformazione urbanistico edilizia della zona protetta.
Pertanto, resta fermo anche in tale ipotesi il potere di annullamento ministeriale del parere favorevole alla sanatoria di un manufatto realizzato in zona vincolata, in quanto strumento affidato dall'ordinamento allo Stato, come estrema difesa del paesaggio, valore costituzionale primario.
L'epoca in cui è sorto il vincolo (antecedente o successiva alla commissione dell'abuso) è del tutto ininfluente, essendo comunque necessario il parere prescritto dal'art. 32 della L. n. 47 del 1985. Tale disposizione, nella parte in cui subordina al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo il rilascio della concessione in sanatoria, deve interpretarsi nel senso che l'obbligo di pronuncia coinvolge comunque la rilevanza del vincolo esistente al momento in cui la domanda di sanatoria è valutata e ciò a prescindere dall'epoca di introduzione.
(Nella specie, il Collegio ha disatteso la tesi della ricorrente secondo la quale il vincolo non esisteva sia al tempo della realizzazione delle opere sia al momento della presentazione e della valutazione della domanda, con la conseguenza che doveva ritenersi formato il silenzio assenso sull'istanza di condono).
Il provvedimento di annullamento del nulla osta paesaggistico rilasciato dall'ente subdelegato non ha natura di atto recettizio e, pertanto, il termine perentorio di sessanta giorni, previsto per l'eventuale annullamento, attiene alla sua adozione e non anche alla sua comunicazione.
L'annullamento ministeriale esaurisce il procedimento relativo alla compatibilità ambientale e paesaggistica. E, infatti, l'annullamento da parte dell'autorità statale costituisce espressione di un sistema di concorrenza di poteri in cui la partecipazione statale al procedimento regionale o sub regionale si concreta in un'eventuale fase correttiva di secondo grado collegata ad esigenze di estrema difesa del vincolo paesaggistico. Da tale ricostruzione discende che l'annullamento ministeriale chiude il procedimento relativo alla compatibilità delle opere con il vincolo paesaggistico e ambientale e consuma il relativo potere senza che vi sia la possibilità di un ulteriore esercizio dello stesso da parte dell'autorità regionale o sub regionale.
(Nella fattispecie, il Collegio ha evidenziato che, in presenza dell'annullamento ministeriale, il Comune resistente non poteva che concludere negativamente il procedimento di condono, senza nuovamente riattivare la procedura per la valutazione di compatibilità degli interventi oggetto dell'istanza ex lege n. 47/1985 in quanto l'esercizio dei relativi poteri si era esaurito con l'emanazione del decreto di annullamento del parere provinciale).